LA SIRIA E L’IMMIGRAZIONE

DI CARLO VALENTINI

Si trova nella chiesa di San Bernardino, a Carpi, tappa di un suo viaggio in Italia, quando apprende dell’ennesima atrocità nel Paese in cui è arcivescovo, la Siria. Monsignor Antoine Audo stringe la testa tra le mani. Ne ha visto tanti di orrori ma non si rassegna. Questa volta è stato bombardato (sembra dall’esercito del presidente  Bashar Al Assad) l’ospedale al-Quds, che tra mille difficoltà Medici Senza Frontiere continuava a far funzionare. L’edificio è stato raso al suolo, 14 le vittime, tra cui Mohammed Wasim Moaz, 36 anni, l’ultimo pediatra rimasto ad Aleppo.

Monsignor Audo incomincia a fatica la conferenza che è stata programmata dalla diocesi di Carpi: “Viviamo nel pericolo permanente, ogni giorno vediamo la morte, episodi come questo lacerano. La città aveva 2 milioni e mezzo di abitanti, oggi sono meno di 2 milioni. I cattolici in Siria nel 2000 erano 1 milione 300 mila, oggi sono solo 300 mila. Ad Aleppo eravamo 150 mila, ora siamo 50 mila, non vogliamo fare la fine di Mosul, dove la presenza cristiana è pressoché scomparsa dopo le persecuzioni dell’Isis. C’è paura. Dopo 5 anni di guerra c’è chi è stato costretto a fuggire. Noi cristiani siamo determinati a restare in Siria per continuare la nostra testimonianza ma in questo situazione la nostra comunità rischia di scomparire. Si cerca di spingere in ogni modo i cristiani fuori dal Medio Oriente, vi sono Paesi che con il loro islam wahhabita e l’ansia di rivalse storiche verso la cristianità non riescono a sopportare nemmeno l’idea di una presenza dei cristiani in Medio Oriente e il paradosso è che si tratta di Paesi alleati dell’Occidente. In Siria non era così. E’ falso presentare il conflitto siriano come una guerra tra cristiani e musulmani. Ma è questo il messaggio che vogliono far passare perché fa comodo a tutti anche se rende difficile resistere da parte di una piccola comunità come la nostra.  Aleppo è martoriata però nonostante tutto la vita continua pure sotto le bombe, i bambini vanno a scuola, fino a ieri funzionava l’ospedale, le famiglie per sopravvivere vendono oro e quanto posseggono, solo quando si trovano allo stremo vendono la casa e scappano in Libano o verso l’Europa. Tutti vorrebbero rimanere ma per molti è impossibile”.

Monsignor Audo, 70 anni, gesuita, è stato professore di studi biblici alle università libanesi di Saint-Joseph (Beirut) e Saint-Esprit (Kaslik). Dal 1992 è vescovo della diocesi cattolica caldea di Aleppo (Siria). Dice: “In Europa si parla tanto dell’immigrazione dalla Siria e c’è chi innalza muri. Ma ciò che serve non sono i muri bensì la pace in Siria, la gente non scapperebbe e anzi tornerebbe qui subito se non ci fossero bombe, distruzione, morte. Anziché arrovellarsi sulle misure per affrontare l’immigrazione, l’Occidente promuova la fine del conflitto. Noi siamo a 40 chilometri dal confine e tutti sanno che la Turchia accoglie e dà aiuto ai gruppi armati che attaccano le città siriane. Ma l’Europa fa finta di niente e poi si lamenta se chi vive in questi villaggi scappa e si rifugia nei Paesi europei. La mia scelta è fare di tutto perché la gente rimanga. Però bisogna trovare una soluzione per questo grande Paese, dove oggi la dignità delle persone è messa a dura prova, quella che era la classe media fa la fila alla Caritas e c’è chi vive in desolanti condizioni di indigenza. Non è l’accoglienza all’immigrazione la vera priorità. La sfida è fermare questa folle guerra che in cinque anni ha messo in ginocchio la Siria”.

Audo è anche presidente di Caritas Siria (“aiutiamo, per quanto possiamo, la gente ad avere acqua e corrente elettrica, distribuiamo pacchi alimentari e vestiti, teniamo aperte le scuole ma è sempre più problematico”) oltre che membro del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Terminato il breve soggiorno in Italia, tornerà ad Aleppo. “C’è la flebile speranza dei colloqui di pace- dice. – L’appello all’Europa è di spingere perché essi facciano passi avanti. Non credo che la soluzione sia la divisione della Siria in diversi Stati confessionali. Sarebbe un grave errore. Meglio uno Stato laico, così com’era prima del conflitto”.

Aleppo è la città della Siria più sofferente, tra conquiste e riconquiste dei quartieri da parte dell’esercito del presidente Bashar Al Assad, dei gruppi ribelli, dei fondamentalisti islamici dell’ Isis. E’ stata definita la “Stalingrado della Siria”.  L’arcivescovo snocciola, davanti a una platea sorpresa nonostante tanto si sia parlato delle vicende siriane sui giornali e in tv, cifre agghiaccianti: cinque anni di guerra hanno provocato 250 mila morti e 12 milioni di profughi, 7 milioni da una regione all’altra della Siria, 5 milioni verso i Paesi confinanti e l’Europa. Audo un po’ a sorpresa, e forse in disaccordo con altri religiosi che operano in Medio Oriente, si schiera dalla parte del presidente Bashar Al Assad, forse per realpolitik: è il male minore rispetto ai ribelli e all’Isis. Del resto l’Isis ha appena ucciso 21 cristiani ad Al-Qaryatayn prima che la cittadina fosse liberata dall’esercito governativo: alcuni di loro hanno subito il martirio per essersi rifiutati di convertirsi all’islam, altri sono stati raggiunti e uccisi mentre tentavano la fuga. Dice Audo:  “Quella di Assad è una dittatura, rigida e dura, ma garante della libertà di espressione delle tante minoranze etniche presenti in Siria. Le sanzioni dell’Unione europea verso il regime sono sbagliate. La gente è stanca della guerra, più di 500 villaggi hanno chiesto ai ribelli di andarsene, trovando di fatto accordi con il governo. La Siria ha avuto una storia millenaria di convivenza tra le fedi e le culture. Certo, non mancavano i problemi però era certamente il Paese più tollerante del mondo arabo. Oggi c’è solo distruzione e disumanizzazione e quindi mi sembra paradossale che in questa situazione ci vengano a parlare di democrazia, libertà e primavera araba. E’ un dramma, ma è così. Dobbiamo arrivare alla pace, fare tornare nelle loro case il popolo siriano e ritrovare la convivenza e il rispetto reciproco. Adesso vi è una spirale della violenza che si traduce in atrocità indescrivibili e va fermata”.

Papa Francesco più volte è intervenuto per difendere la presenza dei cristiani in Medio Oriente ma finora quegli appelli sono caduti nel vuoto. “E’ molto importante per la Chiesa – dice Audo- che i cattolici restino in Medio Oriente anche per dialogare coi musulmani e allargare uno spazio di libertà e di comunione”.

Però c’è chi sostiene che da parte dei musulmani non vi sia uguale desiderio di dialogo… “I musulmani vivono la crisi della modernità e stanno cercando risposte. Anche per questo è utile che le nostre religioni si parlino.  C’è un islam che prova a far leva sul fanatismo ma c’è pure un altro islam che  conosce la forza della carità, della solidarietà, del perdono, dell’amicizia. Con questo islam possiamo fare un proficuo cammino assieme”.

30.04.2016

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